La maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro presenta ancora divari territoriali marcati. Nel 2022, nelle Regioni del Nord, relativamente alla fascia d’età 20-64 anni, sono occupate oltre 7 persone su 10, nel Centro quasi 7, mentre nel Mezzogiorno si arriva solamente a 5 persone su 10; gli estremi variano tra il 46,2% della Sicilia e il 79,2% della Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Più contenuti i divari del tasso di occupazione tra i 55 e i 64 anni: nel Nord-Est, raggiunge il 58,9%, nel Centro il 60,7% e nel Mezzogiorno il 46,7%.
L’incidenza del part-time si distribuisce in modo uniforme nelle aree del Paese, con una lieve prevalenza nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol e in Sardegna. La quota di lavoratori a termine, invece, è sensibilmente più alta nel Mezzogiorno: oltre 8 punti percentuali in più rispetto al Centro-Nord, con un divario leggermente maggiore per le donne. La quota delle occupate a termine va dal 13,1% della Lombardia, al 29,2% della Calabria.
Tra il 2019 e il 2020, l’incidenza del lavoro irregolare (tasso di irregolarità) è più elevata nel Mezzogiorno (16,7%), con la Calabria (20,9%, in calo, rispetto al 2019), che registra il valore più alto, e l’Abruzzo (13,6%) il più basso, ma comunque superiore alla media nazionale (12%). Nel Centro, il Lazio presenta il tasso più elevato (14,3% in calo di 1 punto percentuale, rispetto al 2019). Il Nord-Est mantiene in media la minor incidenza, con il valore più basso nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (8,4%, stabile rispetto al 2019). Il lavoro sommerso è più diffuso nelle unità produttive di minori dimensioni ed è caratterizzato da forti specificità settoriali. Nelle costruzioni, il tasso di irregolarità nel Mezzogiorno (21,5%) è più alto della media nazionale di 6,7 punti percentuali. Il settore dei servizi presenta una variabilità territoriale più contenuta, rispetto agli altri settori.
Nel 2022, i divari territoriali persistono anche per il tasso di disoccupazione, seppure il valore dell’indicatore sia diminuito. Il tasso del Mezzogiorno (14,3%) supera di oltre tre volte quello del Nord-Est (4,5%) e di due quello del Centro, con un picco del 17,1% in Campania. Di contro, il valore più basso nel Nord si registra nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol (3,0%), nel Centro in Toscana (6,0%), nel Mezzogiorno in Basilicata (7,1%). Le differenze di genere subiscono un lieve incremento, rispetto al 2021: il divario più alto a sfavore delle donne continua a registrarsi nel Mezzogiorno, con la Regione Puglia che segnala il gap più elevato (5,5 punti percentuali).
TASSO DI DISOCCUPAZIONE. ANNO 2022 (VALORI PERCENTUALI)
Nel 2022, il tasso di disoccupazione giovanile scende di 6,0 punti percentuali e si attesa al 23,7%. L’indicatore diminuisce più marcatamente nel Centro e nel Mezzogiorno (rispettivamente – 6,7 e – 6,1 punti,); le riduzioni più elevate, oltre i 10 punti percentuali, si registrano in Calabria, Sardegna e Umbria. Il lieve aumento della disoccupazione di lunga durata è il risultato della decrescita nel Centro e nel Nord-Ovest e dell’incremento nel Mezzogiorno, soprattutto nel Nord-Est. Permangono comunque i divari territoriali: nel Centro-Nord, meno della metà dei disoccupati cerca lavoro da almeno un anno, nel Mezzogiorno, i due terzi (in Campania il 69,6%).
La consistente riduzione del tasso di mancata partecipazione, maggiore per le donne, è diffusa in tutte le Regioni, in misura maggiore in quelle centrali e meridionali. Nonostante ciò, l’indicatore riferito al Mezzogiorno (29,8%) è tre volte superiore a quello del Centro-Nord, con la Sicilia che presenta il livello più alto (il 35,3%, nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol 5,9%). Il divario di genere a sfavore delle donne (-6,1 punti percentuali a livello nazionale) risulta il doppio nel Mezzogiorno (-12,2 punti), mentre è di -4,4 punti nel Centro-Nord.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l’entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine.
Fonte: https://noi-italia.istat.it/pagina.php?id=3&categoria=16&action=show&L=0